giovedì 31 maggio 2012

SHINE ON YOU CRAZY DIAMOND.

SOYCD.


Guardava quelle mani e cercava di spingere in fuori gli artigli che non seguivano gli ordini.
Le mani erano sporche di studio, la mente di nebbia.
La vita le scorreva alle spalle e quella che sarebbe venuta dopo non le interessava.
Sapeva che ci sarebbe stato solo l'attimo in cui avrebbe vissuto, in cui provava quella sensazione che si era sempre vietata.
Non sarebbe mai stata chiara la situazione.
La pazzia la chiamava, lei rispondeva urlando.
L'adrenalina la spingeva a fremiti che sembravano forzati.
Il battito non lo sentiva. Sentiva le vene suonare una melodia frustrante.
Allontanava da sè la razionalità. Era bello da vedere, triste da provare.
Il suo corpo vibrava, la sua mente si chiudeva. Vedeva il buio.
Ciò in cui sempre aveva creduto stava spiccando il volo, lei no: lei rimaneva a terra.
Le sue ali erano state tagliate da chi le aveva fabbricate e non le voleva più.
Era entrata in un mondo che non era il suo.
Aveva capito il meccanismo giusto e non lo riusciva più ad abbracciare una volta scoperto quello sbagliato.
I suoi occhi strozzavano ogni lacrima di comprensione.
Le sue mani continuavano a sporcarsi di vita che voleva buttare.
Vedeva solo ciò che era davanti a sè: non vedeva più lontano. Vedeva grattacieli di marmo nero, senza finestre; con accessi, ma senza uscite.
Vedeva la possibilità di scivolare giù, di gettarsi a capofitto nella nebbia.
Voleva sparire, farsi male. Voleva morire. Voleva tornare a volare.




 In piedi, qui, tra queste sponde vedo la vita e vedo la morte. Mi è tutto così vicino e l’acqua che scorre violenta sembra urlarmi qualcosa che non percepisco. Sembra quasi un canto di anime, tante anime non ancora riconosciute e ben consapevoli della loro incatenante inoperosità, al tempo stesso così illusoria da stregare ogni istinto. Mi sento parte di quel tempestoso scroscìo e non faccio altro che guardarlo, come se mi fosse familiare, come se lo volessi sentire di più mio.
Il freddo mi trapassa le ossa e le gambe mi tremano, ma non riesco a sentirle. Chissà se proverò dolore. Le figure immobili sono veloci intorno a me e lente contemporaneamente. Chissà se morirò subito o se il dolore si approprierà del mio corpo così come la coscienza lo sta gradualmente abbandonando.
Così scelgo di non scegliere mai più. Irrequietudine e fango e acqua e paura e quel passo che mi lasciò tutto questo alle spalle, con tutto questo come ultima immagine.


Pensieri di una persona che non ce la può fare. 

Se non tramuto i miei pensieri in arte, mi domando che gesti mi possa portare a compiere.

M.